a prima vista, una
voce fuori dal coro? O una persona con le idee particolarmente chiare e documentate? E' sempre utile il confronto, ma... davvero la scuola ha il dovere di “adattarsi”
alle nuove tecnologie? Non avrebbe più senso invece proporre una didattica
che ne tenga conto, che le conosca e che aiuti gli alunni a confrontarsi con questo mutato contesto informativo, con senso critico e
apertura alle possibilità inedite che lo strumento consente?
Continuiamo allora con il nostro approfondimento sui temi legati al lavoro che ci
accingiamo a svolgere; partiamo dall'assioma che buona parte delle
ricadute culturali della scuola finiscono sui docenti, che forse sono
gli unici a cogliere tutti gli aspetti, i vantaggi e i rischi di
quanto si svolge tra le 4 mura di una classe. Se gli alunni
leggessero anche solo un decimo di quanto il docente deve utilizzare
per approntare una buona lezione, non ci sarebbero molti problemi! Ma restiamo
coi piedi per terra. Uno degli aspetti che vogliamo verificare è
proprio quello dei “cambi culturali” e delle trasformazioni che
uno strumento può innescare. Senza avere la presunzione di trattare
gli alunni come dei criceti (o meglio, delle cavie) è necessario
anche tenere presenti molti aspetti che si scoprono appena sotto la
buccia dell'idea “metti un tablet a scuola”.
Per approfondire il discorso provate a dare un'occhiata anche a questo articolo comparso su Avvenire
che
intervista proprio l'autore del libro “Contro il colonialismo
digitale”; non si tratta tanto di critiche in astratto
sull'accelerazione che il mercato imprime alla digitalizzazione di
tutto (dalle foto ai libri, per l'appunto). Giusto per non andare a tentoni e muoversi con maggior attenzione.
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